venerdì 18 luglio 2014

Le storie della polvere.

La vita scorreva lenta ed incolore tra le crepe del giorno, il tempo non aveva più una direzione, la notte ed il giorno erano scanditi solo dall'accendersi e lo spegnersi dei lampioni per le strade. Aprì gli occhi, erano le cinque del mattino, il respiro regolare era la dimostrazione che era ancora vivo, inerme, ma vivo. Accese l'ultima sigaretta del suo pacchetto di Philip Morris blu, duravano sempre troppo poco queste fottute sigarette pensò. Si grattò dietro il ginocchio e si mise seduto sul bordo del letto, in mutande, le testa gli girò per un secondo dato lo scatto che fece per alzarsi. Si sentì già privato di ogni forza, non arrivo nemmeno al bagno per pisciare pensò, al diavolo, è tutto così distante, il cesso, la porta, la mia vita. Fissò la moquette sporca di quella stanza per un attimo, poi si destò, barcollando nella luce soffusa che entrava dalla finestra, ed andò a pisciare. Bevve un sorso d'acqua dal lavandino del bagno, con il seguente fece dei gargarismi per togliersi dalla gola il rigurgito acido del suo stomaco, dovuto alla birra e alle troppe sigarette della sera prima. Poi si rimise a dormire. 

Si svegliò alle undici a causa del caldo appiccicoso che gli si era steso sopra, l'afa sembrava quasi gli avesse legato polsi e caviglie al letto. Le lenzuola sudate avevano un odore dolciastro ed acre allo stesso tempo , riuscì ad alzarsi impuntando i gomiti nella carcassa flaccida del materasso. Si trascinò nel bagno e, ancora in mutande, entrò nella doccia incrostata di calcare, accese l'acqua spostando la manopola completamente nel verso del getto freddo, abbassò il capo e rabbrividì leggermente. 

Entrò nel bar dall'altro lato della strada, Monkey Bar, questo era il suo nome, un locale buio e non particolarmente pulito dove l'aria sapeva di uova in salamoia e fumo. Rovistò la tasca destra del pantalone cercando gli spiccioli rimasti dall'ultimo racconto che aveva visto pubblicare il mese scorso; grazie al cielo bastavano almeno per un caffè. Bestemmio a bassa voce mentre sorseggiava quell'orrenda brodaglia che gli avevano servito, contorcendosi le cervella a cercare quale potesse essere il fottuto motivo per cui non sfiorava la sua macchina da scrivere da quasi un mese oramai. 

Pensò: "Sono al verde, non mangio da giorni, eppure nemmeno una cazzutissima parola riesco a trovare per cominciare a scrivere, che cazzo mi è successo?!? Forse dovrei smetterla di bestemmiare ed andare a messa qualche domenica di queste. Dio, da lassù è uno spettacolo divertente? Per quale motivo dovresti ascoltare un misero come me, tutto quello che volevo era fare lo scrittore, John Bardi, il genio della letteratura del Novecento, è così che volevo essere presentato nei talk show in prima serata, ed invece sono John Bardi, lo squattrinato miserabile che ha pubblicato due racconti sul "New York Week" e che è ormai un mese che non riesce nemmeno a sedersi davanti alla sua macchina da scrivere. Aveva ragione mia madre, avrei dovuto continuare gli studi invece di scappare dal Minnesota per venire a New York, ma non posso tornare a casa adesso, sono uno stupido orgoglioso, e lo sguardo commiserante di mio padre non voglio sentirmelo addosso."

Venne destato dai sui pensieri alla vista di un vecchio signore in giacca e cravatta che si sedette sullo sgabello di fianco al suo. Aveva l'aspetto disteso, il viso era quello di uno che ne aveva vista passare di acqua sotto i ponti, gli occhi, leggermente sporgenti, sembravano velati da una nebbia invisibile. Il vecchio si voltò e disse: "Ehi amico, come va la vita?", John Bardi rispose: "Uno schifo, sono un fottutissimo idiota del Minnesota che era convinto di saper raccontare delle storie, ma in realtà sono un miserabile che di storie da raccontare non ne ha proprio nessuna.", il vecchio sorrise: "Di storie ne è pieno il mondo, se sai ascoltare, tutti hanno una storia da raccontare, io ne ho una, il barista ne ha una, la cameriera pure; persino la polvere se le dai il tempo per farlo, ha una storia da raccontarti."

Il vecchio diede un ultimo sorso alla sua birra, si alzò ed uscì dal Monkey Bar, attraversò la strada guardando fisso difronte a se, e venne investito da un taxi, finì a faccia in su sull'asfalto consunto, con un sorriso stampato in faccia. 

John ancora stranito, attraversò la strada e salì nella sua stanza, si sedette alla scrivania, ed incominciò a scrivere.


G.R.

3 commenti:

  1. Chiedi alla polvere...

    Mi piace, molto fantiano

    RispondiElimina
  2. Grazie mille! Eh si, hai colto bene l'ispirazione, l'ho poco dopo aver finito di leggere proprio Chiedi alla polvere! :)

    RispondiElimina

Visite